Sfide del cristianesimo
PROFILI CRISTIANI: NARRARE L'ESPERIENZA CREDENTE
Progetto di ricerca coordinato dal Centro Studi del Fenomeno Religioso*
Descrizione
Dagli «stili» ai «profili» cristiani
Nella riflessione teologica del Novecento si è giunti a parlare non solo di testimonianza e di vissuto – realtà e concetti già presenti nel pensiero cristiano tradizionale – ma anche di «stili»: il merito di tale acquisizione va attribuito soprattutto a Hans Urs von Balthasar, che nella sua monumentale opera dedicata alla via estetica del cristianesimo valorizzò la categoria stilistica come capace di descrivere una fenomenologia dei modi di presenza nella comunità ecclesiale[1]. Di recente è stato il teologo tedesco Christoph Theobald a riprendere il concetto di «stile», rivitalizzandolo in dialogo critico con la variegata galassia postmoderna[2].
L’interrogativo che muove la presente ricerca verte sulla possibilità di proseguire idealmente questa linea interpretativa, arricchendola in senso narrativo. È un’ipotesi che si inserisce in un contesto più ampio, caratterizzato dal dibattito – a un tempo sociologico e teologico – sulle forme contemporanee assunte dal cristianesimo, in un periodo segnato dalla frammentazione dei modi di credere e di vivere l’adesione di fede.
«Una cosa è certa. Noi siamo inesorabilmente gli ultimi testimoni di un certo modo di essere cristiani, cattolici. Coinvolti nelle grandi mutazioni delle società umane in cui essa si incarna, la Chiesa è destinata inevitabilmente a mutare il suo volto e già se ne vanno delineando i nuovi tratti».
Così si esprimeva il teologo Jean-Marie Tillard nel 1999 in un breve testo dal titolo emblematico: “Siamo gli ultimi cristiani? Lettera ai cristiani del Duemila”.
La domanda chiave può essere così declinata: è ancora possibile essere cristiani nel XXI secolo? Se sì, secondo quali modalità? Quale legame è possibile e augurabile con il cristianesimo degli inizi, e quali cambiamenti i cristiani sono chiamati ad affrontare (e non solo a subire), per non divenire dei ‘sopravvissuti’ nella fede e degli ‘alieni’ nel contesto postmoderno?
L’indagine intende svolgersi secondo una metodologia ermeneutica: si tratta di far dialogare il nucleo – considerato essenziale e genetico – della fede cristiana delle origini, nucleo sedimentato nei testi neo-testamentari, con l’approfondirsi e il progressivo svilupparsi delle differenti forme in cui tale elemento sostanziale si è modulato. Si tratta di ritrovare le potenzialità maggiormente virtuose del nesso fede-cultura, riprendendo la circolarità interpretativa tra tempo fondante (proprio dell’esperienza originaria) e tempi successivi (chiamati a rendere contemporaneo, sempre attuale, l’esperienza-madre). Luogo di indagine privilegiato in tal senso non sarà, però, la dimensione intellettuale o teologica di tale relazione, bensì il suo lato appunto esperienziale, primigenio: conterà di più interrogare il vissuto e le storie dei credenti, rispetto alle teorie, elaborate in seconda istanza.
Ecco allora il senso di leggere alcuni profili del cristiano di ieri e di oggi: rileggendo le narrazioni neotestamentarie che presentano i volti di alcune figure simbolicamente fondamentali per il percorso credente, si vuole ripercorrere alcune tappe storiche dell’interpretazione dell’esperienza cristiana, fino a giungere alla domanda sulla possibilità e sulla realizzazione delle attuali – e future – modalità di incarnare la testimonianza credente.
Nella riflessione teologica del Novecento si è giunti a parlare non solo di testimonianza e di vissuto – realtà e concetti già presenti nel pensiero cristiano tradizionale – ma anche di «stili»: il merito di tale acquisizione va attribuito soprattutto a Hans Urs von Balthasar, che nella sua monumentale opera dedicata alla via estetica del cristianesimo valorizzò la categoria stilistica come capace di descrivere una fenomenologia dei modi di presenza nella comunità ecclesiale[1]. Di recente è stato il teologo tedesco Christoph Theobald a riprendere il concetto di «stile», rivitalizzandolo in dialogo critico con la variegata galassia postmoderna[2].
L’interrogativo che muove la presente ricerca verte sulla possibilità di proseguire idealmente questa linea interpretativa, arricchendola in senso narrativo. È un’ipotesi che si inserisce in un contesto più ampio, caratterizzato dal dibattito – a un tempo sociologico e teologico – sulle forme contemporanee assunte dal cristianesimo, in un periodo segnato dalla frammentazione dei modi di credere e di vivere l’adesione di fede.
«Una cosa è certa. Noi siamo inesorabilmente gli ultimi testimoni di un certo modo di essere cristiani, cattolici. Coinvolti nelle grandi mutazioni delle società umane in cui essa si incarna, la Chiesa è destinata inevitabilmente a mutare il suo volto e già se ne vanno delineando i nuovi tratti».
Così si esprimeva il teologo Jean-Marie Tillard nel 1999 in un breve testo dal titolo emblematico: “Siamo gli ultimi cristiani? Lettera ai cristiani del Duemila”.
La domanda chiave può essere così declinata: è ancora possibile essere cristiani nel XXI secolo? Se sì, secondo quali modalità? Quale legame è possibile e augurabile con il cristianesimo degli inizi, e quali cambiamenti i cristiani sono chiamati ad affrontare (e non solo a subire), per non divenire dei ‘sopravvissuti’ nella fede e degli ‘alieni’ nel contesto postmoderno?
L’indagine intende svolgersi secondo una metodologia ermeneutica: si tratta di far dialogare il nucleo – considerato essenziale e genetico – della fede cristiana delle origini, nucleo sedimentato nei testi neo-testamentari, con l’approfondirsi e il progressivo svilupparsi delle differenti forme in cui tale elemento sostanziale si è modulato. Si tratta di ritrovare le potenzialità maggiormente virtuose del nesso fede-cultura, riprendendo la circolarità interpretativa tra tempo fondante (proprio dell’esperienza originaria) e tempi successivi (chiamati a rendere contemporaneo, sempre attuale, l’esperienza-madre). Luogo di indagine privilegiato in tal senso non sarà, però, la dimensione intellettuale o teologica di tale relazione, bensì il suo lato appunto esperienziale, primigenio: conterà di più interrogare il vissuto e le storie dei credenti, rispetto alle teorie, elaborate in seconda istanza.
Ecco allora il senso di leggere alcuni profili del cristiano di ieri e di oggi: rileggendo le narrazioni neotestamentarie che presentano i volti di alcune figure simbolicamente fondamentali per il percorso credente, si vuole ripercorrere alcune tappe storiche dell’interpretazione dell’esperienza cristiana, fino a giungere alla domanda sulla possibilità e sulla realizzazione delle attuali – e future – modalità di incarnare la testimonianza credente.
Eventi
NICODEMO, O LA FEDE NOTTURNA
Il seminario Nicodemo, o la fede notturna, si terrà presso la Sala Conferenze della Fondazione Centro Studi Campostrini, il 18 ottobre 2013.
Il seminario Nicodemo, o la fede notturna, si terrà presso la Sala Conferenze della Fondazione Centro Studi Campostrini, il 18 ottobre 2013.
LA DONNA SIRO-FENICIA: LA FEDE PAGANA
Il seminario La donna siro-fenicia: la fede pagana, si terrà presso la Sala Conferenze della Fondazione Centro Studi Campostrini, il 26 marzo 2014.
GIOVANNI IL BATTISTA, O DELLA FEDE CONVERTITA
Il seminario Giovanni il Battista, o della fede convertita, si terrà presso la Sala Conferenze della Fondazione Centro Studi Campostrini, il 17 ottobre 2014.
LA MADDALENA, O DELLA FEDE AMANTE
Il seminario La Maddalena, o della fede amante, si terrà presso la Sala Conferenze della Fondazione Centro Studi Campostrini, il 19 marzo 2015.
[1] H.U. von Balthasar, Gloria. Una estetica teologica. Vol. 1: La percezione della forma; vol. 2: Stili ecclesiastici. Ireneo, Agostino, Dionigi, Anselmo, Bonaventura; vol. 3: Stili laicali. Dante, Giovanni della Croce, Pascal, Hamann, Solov'Ev, Hopkins, Peguy (Jaca Book, 1971,1985,1986).
[2] Christoph Theobald, «Il cristianesimo come stile. Fare teologia nella postmodernità», in Teologia, 32 (2007) 280-303. L’articolo precedette due volumi dell’autore sul medesimo tema (e con lo stesso titolo).